04/02/09

Il videogioco nelle civiltà precolombiane - Gli Inca e la genesi del videogiuoco

Il modello statale Inca imponeva una rigida suddivisione dei compiti tra gli appartenenti alle varie comunità; comunità il cui nucleo base era costituito dagli ayllu, ovvero la più piccola cellula sociale dell'epoca. Gli ayllu funzionavano come entità separate ma sottoposte allo stesso dominio centrale; tutti gli appartenenti agli ayllu dovevano attenersi al cosiddetto "cargo system".Cosa è il cargo system? Presto detto.

Era un'incombenza che gravava su tutta la popolazione, una sorta di tassa da riscuotere in forma di lavoro o servizio prestato a beneficio dello Stato. Ogni suddito era tenuto a prestare le sue competenze, il tutto sotto l'occhio vigile dei responsabili dell'ayllu che evitavano falle nel sistema. Una sorta di debugging applicato già durante il processo di lavorazione del videogioco.
Non è, comunque, del workflow che vogliamo parlare. Passiamo al software e all'hardware.
I videogiuochi Inca erano, praticamente, dei listati decimali salvati su monoliti di roccia pesanti anche decine di tonnellate; successivamete, i Quipucamayoc compilavano il tutto in linguaggio macchina e salvavano su corde di cotone annodate, i cosiddetti Quipu. Il groviglio di cordicelle veniva indi dato in pasto a un home computer di cui, purtroppo, non è rimasto integro alcun esemplare; gli ultimi vennero distrutti dagli usurpatori europei (aizzati, a loro volta, dai religiosi del vecchio continente, che vedevano in quelle macchine il diavolo). L'unica cosa certa, desunta dal ritrovamento di diversi screenshot nei siti archeologici di Cerro Sechin, Caballo muerto e Nazca, è che tali macchine godessero di una potenza paragonabile a quella di un odierno Commodore 64. Quindi, una risoluzione che in certe modalità raggiungeva i 320x200 e un numero massimo di 16 colori su schermo. Lo schermo poteva anche essere ruotato di 90°.


In questa videata, assistiamo ad una versione beta del videogiuoco "Tecpalvitlac"; il titolo, uno dei primi pubblicati, è in bianco e nero per via dell'inesperienza dei programmatori nei confronti dell'hardware di cui sopra.






Successivamente, fu introdotto il dithering:




L'utilizzo di questo sprite è attualmente ignoto, ma è rappresentativo dell'ottenimento di una nuova pseudotonalità di colore, ottenuta alternando pixel neri e bianchi: il grigio.
Tuttavia, la grafica ancora non era al servizio del gioco: non vi erano script, routine, intelligenza artificiale e altro.  Il primo videogioco, Quetzalcoatl, vedeva i giuocatori dell'epoca alle prese con un serpente che girovagava in uno spazio angusto, nel perenne rischio del gomito che fa contatto col piede.


Il gioco sopravvive ancora, sui telefoni e nei giochini in flash.
Segue, adesso, una carrellata di videate.











Ecco un picchiaduro dell'epoca, The Inca of fighters 1420; da questo gioco è scaturita l'idea alla base di IK+.










Clone di Quetzacoatl, conosciuto come Kontiki.











Mappa di uno strategico il cui titolo ci è ignoto.







Concept art di esoscheletro ed endoscheletro per un survival horror ambientato nello spazio.
Quando ormai il territorio Inca si avviava a diventare il polo dell'eccellenza tecnologica nel mondo, arrivarono i conquistadores e fu game over. Ci vollero circa 5 secoli affinchè il videogiuoco risorgesse... esattamente come l'araba fenice. Ma è stata vera resurrezione?

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