12/03/11

Killzone 3


Torna sugli schermi del Mediaworld lo sparatutto più atteso da gente che, personalmente, non conosco e non credo avrò il piacere di conoscere.
Killzone 3 è il terzo titolo di una saga composta da due episodi (non ci credo che il primo sia mai esistito, neanche se lo vedo). Avvalendoci di una prestigiosa collaborazione con un noto iperstore di articoli elettronici, facente capo a un gruppo tedesco (ma di cui non possiamo dire altro, pure perchè è scritto chiaramente nelle prime cinque parole della recensione), avviamo avuto modo di testare fisicamente questo tutorial venduto al prezzo di un gioco.
Ambientato su un pianeta dove tutto è verde, giallo tendente al verde, marrone tendente al verde e verde chiaro tendente al verde scuro, Killzone 3 vi prenderà per mano e vi accompagnerà in un viaggio nella noia, come foste dei perfetti idioti. Esemplare la sequenza dello scontro coi cecchini nemici, col pathos e la tensione che DOVREBBERO accompagnare situazioni simili, barbaramente trucidati dai commenti fuori campo che vi spiegano ESATTAMENTE cosa fare e quando.
- Rico, c'è un cecchino alle tue spalle, al terzo piano.
In questi giochi ci deve essere per forza un rappresentante di ogni parte del mondo; spesso e volentieri ci troviamo di fronte a squadre composte da Domingo, Mario, John, Bisonte che mitraglia, Mbutu, Bjorn, Chin Chan Chu e Matriovskov.
- Bravo, che mira perdiana! Siamo fortunati ad averti dalla nostra parte. Ora, alla tua destra al secondo piano.
Il tuo avversario ha il puntatore laser, ma lo usa per sfottere; te lo punta negli occhi, come i ragazzini che comprano il laser dai venditori ambulanti e disturbano le coppiette appartate. Te lo sventola davanti, applicato al suo bel fucile e non ti spara mica; se ti spara, manca il bersaglio, poi un paio d'ore per ricaricare e riprova. Ma ti ferisce.
-Ottimo colpo! Per fortuna il tuo avversario non è stato così preciso, altrimenti avremmo perso uno dei nostri uomini migliori!
C'è una sorta di telecronaca in stile Holly & Benji, che commenta costantemente le tue gesta teleguidate. Chissà come sarebbe stato, il gioco, coi commenti di Enrico Ameri e Sandro Ciotti: non lo sapremo mai.
Segue una sezione a bordo di un esoscheletro, un mech, un robottone... chiamatelo come volete; è un'intelaiatura di tubi con la maneggevolezza di una superpetroliera arenata. Siamo nel solito scenario tendente al monocromatico, quello che impesta tutti gli FPS di ultima generazione; la telecronaca continua imperterrita, le spiegazioni somministrate col cucchiaino.
- Ci sono dei nemici su un ponte, tenta di raggiungerlo.
Nello scenario in scala di verdi, c'è questo ponte che brilla di luce propria. Rosso. Incandescente. Sarà forse quello, il ponte di cui Enrico Ameri favoleggiava? Può darsi. Ne ho il sentore. Sto per convincermi che sia quello.
Ora, quali sono gli scenari sociali e sociologici che hanno portato a queste tragedie? Perchè trattare la gente come se non avesse mai visto uno sparatutto in soggettiva, come se non avesse cognizione di cosa sia un cecchino, come se non sapesse che, in guerra, se qualcuno ti punta un laser tra gli occhi... sicuramente non è un manager a cui il puntatore è scappato di mano durante una conferenza?
Il prof. emerito Blenko Volga Gigantovskjcic, di madrelingua russa, nonchè premio Nobel in videogiochi, ci soccorre ancora una volta. Nonostante sia la prima volta che lo vediamo comparire tra queste pagine.
- Il problema -  l'emerito continua, pur non avendo detto nulla finora - sta nel fatto che, una volta, ci si avvicinava ai videogiochi partendo dai platform. Il tutorial era "A per correre, B per saltare". Oppure, con gli sparatutto. A per lo sparo normale, B per la smart bomb. I giochi di calcio: A per tiro potente e scivolate, B per pallonetto e colpo di testa. Ora, i bambocci* partono direttamente dagli FPS e queste sono le conseguenze dirette di questa deriva.

Grazie, prof. BVG. Orsù, dov'è che, quindi, Killzone 3 fallisce miseramente (a parte in tutto il resto, divertimento compreso)? Noi di BVG non lo sappiamo e non ci interessa, tanto non dobbiamo neanche spenderci dei soldi.

I due tizi nel disegno sono i protagonisti di questa puntata: a sinistra, l'appuntato Velasquez. L'altro è il sergente Ciaramella, già graduato nell'esercito borbonico.

*Bambocci è un termine russo che indica chi si avvicina per la prima ai videogiochi odierni e viene travolto dalla perversione che aleggia sul settore; è il plurale di bamboccio, che indica esattamente la stessa cosa, ma al singolare.

2 commenti:

  1. Quindi il Prof BVG, del quale sono onorato di averne letto un analisi sui videogiochi, afferma che per fare un FPS di qualità ci vogliono anni e anni di esperienza? Sacrosante parole.

    Effettivamente, è un po' che negli sparatutto ti dicono per filo e pe segno cosa fare. Uno dei primi a farlo fu proprio il primo modern warfare. non superai la seconda missione...

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  2. Eh sì, il professore critica questo approccio troppo da tutorial, che finisce per aleggiare sul gioco dall'inizio alla fine. Pure perchè si presume che, chi compri un gioco del genere, di sicuro abbia già giocato a qualcosa di analogo; considerato che son sempre più fotocopie reciproche, è una mancanda di rispetto nei confronti del giocatore.
    E' come se, in ogni libro, ci fosse una sezione iniziale sulle lettere dell'alfabeto e la punteggiatura.

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